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Vinificazione in continuo

Vinificazione in continuo

L’esigenza di grandi quantità di vino a basso costo, che caratterizzava gli anni ‘50 del secolo scorso, ha portato a studiare la vinificazione in continuo, ovvero la possibilità di introdurre il pigiato dal basso in un grande contenitore e di estrarre, in contemporanea, dall’alto il vino e le vinacce. Il primo vinificatore continuo, realizzato in Argentina nel 1948 da un operatore italiano, il Cremaschi, era costituito da un’imponente vasca di cemento (3800 hl) con tetto aperto. Nel 1952 Defranceschi realizzò il suo impianto che ebbe notevole successo, soprattutto nelle cantine sociali. L’idea fu poi ripresa dalle grandi ditte enologiche che proposero i loro modelli in ferro smaltato e poi negli anni ‘70, già in acciaio inossidabile. I contenitori erano sempre caratterizzati dall’estrazione delle vinacce dall’alto, anche se, frequentemente, il processo non era più rigorosamente continuo.
Tra i vantaggi reclamizzati per questo processo veniva sempre citata la rapida partenza della fermentazione in presenza di alcol, quindi l’attività prevalente di lieviti “buoni”, il risparmio di mano d’opera e le grandi masse omogenee. Ma è stato proprio questo “vantaggio” a decretare la fine della vinificazione in continuo, quando, dagli anni ‘80 è emerso il concetto di piccole vinificazioni separate per esaltare la provenienza.

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